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Per quasi tutte le forze politiche, anche se con ricette e formule diverse, il piatto forte da offrire all’elettorato è quello della riduzione della tassazione. Così, quasi tutte le forze politiche affidano questo risultato alla lotta all’evasione, la cui entità, anche in tempi di crisi nera, almeno nelle stime degli organi preposti, non sembra essere mai diminuita. Cosa di per sé abbastanza strana dato che, se mancano i soldi, è difficile ipotizzare che manchino solo per il bianco e non anche per il nero. A meno che nella categoria “evasione” non si comprendano anche i proventi dell’attività criminale (spaccio stupefacenti, gioco d’azzardo non regolamentato, vendita di prodotti adulterati e via dicendo) che come tali non potrebbero essere sottoposti a tassazione, bensì a confisca: ma ciò significa drogare il dato e mettere sullo stesso piano categorie profondamente diverse, il cui contrasto richiede strumenti e tempistiche di realizzo profondamente diverse.
Risulta per altro strano che i nostri politici non si rendano conto di una realtà, che è invece di immediata percezione proprio per il contribuente medio, che andrebbe profondamente riformata e che è costituita dall’estrema complicatezza, frammentarietà, astrusità e, talvolta, irragionevolezza della complessiva fiscalità nazionale. Questa carica il contribuente di costi improduttivi, oltre che di adempimenti burocratici talvolta ridondanti, quasi sempre bizantini, ai quali si accompagna ovviamente un’alta percentuale di possibili errori, che poi a loro volta generano ulteriori spese in termini di sanzioni, interessi ed aggi.
A tal fine basta dare una scorsa alle circolari esplicative che il competente Ministero emana a getto continuo e che sembrano fatte apposta per rendere ogni passaggio una trappola mortale per il contribuente e che, a loro volta, generano un imponente contenzioso i cui costi vanno a carico dell’intera collettività.
Voglio fare solo un esempio: se un imprenditore ha necessità di chiedere il pagamento di una fattura di 1.500 euro e per ottenerlo chiede un decreto ingiuntivo, in sede giudiziale deve corrispondere sul detto decreto la Tassa di Registro, che viene determinata in misura fissa. Alcune Agenzie dell’Entrate applicano tale Tassa di Registro in € 200,00 altre chiedono € 200,00. Se poi invece il decreto ingiuntivo viene chiesto per canoni di locazione, sui quali già è stata corrisposta l’imposta di registro del 3% sul canone annuale, al momento della sua emissione, che riguarda sempre gli stessi canoni già tassati con la registrazione del contratto, l’Agenzia delle Entrate gli chiede nuovamente un altro 3% sull’importo ingiunto e c’è da tenere di conto che le spese di giustizia sono già state corrisposte in anticipo con il cosiddetto contributo unificato.

In buona sostanza il reddito proveniente da un appartamento dato in locazione viene così tassato:

1)  immediatamente del 3% con la registrazione del contratto;
2)  poi viene nuovamente tassato con la dichiarazione dei redditi con l’aliquota progressiva corrispondente ai redditi complessivi del locatario;
3)  ed in caso di mancato pagamento, viene nuovamente tassato con l’emissione del decreto ingiuntivo di un altro 3% .

In buona sostanza lo stesso reddito, generato dallo stesso atto, viene tassato tre volte e ciò non comporta solo un aggravio per il contribuente, ma anche un aggravio per gli uffici finanziari che per lo tesso reddito devono esplicare tre diverse procedure di accertamento, liquidazione e  riscossione.
Questo è solo un piccolo esempio, ma molti altri ne potremmo fare per dimostrare quanti motivi ci siano perché il contribuente non abbia alcun motivo di vedere nello stato un amico, ma solo un socio leonino.
Fino ad oggi nessuna forza politica è stata in grado di elaborare un piano per semplificare ed umanizzare questi meccanismi, eliminando doppie e triple imposizioni, piccole e grandi discrasie tra sedi locali dell’Agenzia delle Entrate, diminuire gli adempimenti a due o tre per anno, eliminare imposizioni anacronistiche che alla fine costano di più di quello che rendono e via dicendo. Anzi, ultimamente si è escogitato la notifica di multe a mezzo PEC, come se tutti cittadini fossero in grado di gestire una PEC o anche solo operare con un computer (senza contare che PEC e computer hanno comunque un costo non solo di attivazione, ma anche di gestione).
Ma i politici ben sanno che a livello burocratico è vero il detto che se il lavoro è importante, più importante ancora è farselo durare.

Roberto Fambrini

 

 

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