Seconda serata di teatro innovativo al Pacini di Pescia: sabato 4 marzo, alle ore 21.15, spettatori seduti sul palco per integrarsi alla performance, una riscrittura della tragedia Shakespeariana che diventa storia contemporanea.
Il 4 marzo a Pescia è di nuovo Teatro Primavera: secondo appuntamento al Pacini con le proposte innovative. Dopo lo show della Gaudats Junk Band, è il tempo del “Minimacbeth” di Andrea Taddei, con Giovanna Daddi e Dario Marconcini, che ne cura anche la regia. In occasione dello spettacolo gli spettatori siederanno sul palcoscenico, integrandosi alla performance.
La coppia Marconcini-Daddi, forte della grande esperienza artistica e teatrale (Marconcini da anni dirige il "Teatro Francesco di Bartolo" di Buti), porta in scena una riscrittura della tragedia Shakespeariana che, pur mantenendo lo sguardo disincantato di Shakespeare, trasforma il tragico in un grottesco che contiene in sé sia il paradosso che il cinismo.
«A distanza di 15 anni, io e Giovanna, riprendiamo in mano il testo di Andrea Taddei - che è una riduzione del Macbeth di W. Shakespeare per due attori», spiega Dario Marconcini. «È ancora una bella sfida perché di mezzo c’è il tempo che è passato e i segni che ha lasciato sul nostro corpo. A Macbeth siamo poi legati come per magia da un filo rosso che ogni tanto nel corso della nostra vita riappare (c’è come una urgenza che ci spinge a farlo) che ha origine dagli anni ’70 del secolo scorso e che segnò l’inizio del Centro per la Ricerca di Pontedera. Qui comunque bisogna ripartire da zero, dimenticarsi dei ricordi, ricreando col linguaggio quel campo di battaglia dove il pensiero sia perturbato e dove si generi tempesta senza proporre terapie consolatorie».
Pur non avendo la pretesa di interpretare i segni di questo mondo, la vicenda di Macbeth non è solo una storia tragica di tempi lontani, ma sembra purtroppo cronaca contemporanea «immersi come siamo – continua Marconcini - in questo medioevo senza tempo dove il possesso, la ferocia, l’assassinio e il sangue ci fanno giornaliera compagnia.»
«A distanza di 15 anni, io e Giovanna, riprendiamo in mano il testo di Andrea Taddei - che è una riduzione del Macbeth di W. Shakespeare per due attori», spiega Dario Marconcini. «È ancora una bella sfida perché di mezzo c’è il tempo che è passato e i segni che ha lasciato sul nostro corpo. A Macbeth siamo poi legati come per magia da un filo rosso che ogni tanto nel corso della nostra vita riappare (c’è come una urgenza che ci spinge a farlo) che ha origine dagli anni ’70 del secolo scorso e che segnò l’inizio del Centro per la Ricerca di Pontedera. Qui comunque bisogna ripartire da zero, dimenticarsi dei ricordi, ricreando col linguaggio quel campo di battaglia dove il pensiero sia perturbato e dove si generi tempesta senza proporre terapie consolatorie».
Pur non avendo la pretesa di interpretare i segni di questo mondo, la vicenda di Macbeth non è solo una storia tragica di tempi lontani, ma sembra purtroppo cronaca contemporanea «immersi come siamo – continua Marconcini - in questo medioevo senza tempo dove il possesso, la ferocia, l’assassinio e il sangue ci fanno giornaliera compagnia.»
Redazione