Il quarto concerto, intitolato “Jazz/classica senza confini”, della 15^ edizione del festival musicale ‘Suoni riflessi’, in corso a Firenze alla Sala Vanni (piazza del Carmine n. 19), che si terrà domenica 5 novembre alle 11 di mattina sarà il primo, intrigante appuntamento dedicato al dialogo fra il jazz e la cosiddetta musica colta, uno dei focus di questa edizione del festival diretto da Ancillotti.
Sarà una raffinata selezione delle «incredibili invasioni di campo» del jazz nella musica classica eseguite dal prestigioso Gruppo dei fiati del Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano diretto da Mario Ancillotti e dal violoncellista Giacomo Cardelli. Brani trascinanti e divertenti, «senza intellettualismi», a cominciare dal folle ‘Concerto per violoncello e orchestra di fiati’ di Gulda.
Lo spettacolo sarà preceduto sabato 4 novembre, alle 18 sempre in Sala Vanni, dal primo degli incontri a ingresso libero di ‘Svelare la musica’, il progetto divulgativo di prove aperte a tu per tu coi protagonisti dei concerti portato avanti da Nuovo Contrappunto in parallelo al festival ‘Suoni riflessi’.
Lo spettacolo sarà preceduto sabato 4 novembre, alle 18 sempre in Sala Vanni, dal primo degli incontri a ingresso libero di ‘Svelare la musica’, il progetto divulgativo di prove aperte a tu per tu coi protagonisti dei concerti portato avanti da Nuovo Contrappunto in parallelo al festival ‘Suoni riflessi’.
Il brano più curioso e divertente del programma di “Jazz/classica senza confini” è quello del leggendario pianista Friedrich Gulda (Austria 1930-2000), che fu anche compositore. Si tratta del ‘Concerto per violoncello e orchestra di fiati’: una composizione «“folle” e trascinante fisicamente» composta nel 1981 che, come spiega Mario Ancillotti, fu ricevuta con grande scandalo ed «è da considerarsi una delle sue opere più rappresentative»: tutta giocata sulle «frizioni tra le forme classiche e la prassi esecutiva delle grandi jazz-band americane» e sull’alternanza fra «momenti lirici e pastorali e accelerazioni ritmiche sempre all’insegna di un formidabile “buon umore” pieno di vitalità e scanzonatura».
Sarà eseguito anche un brano di Charles Ives (Stati Uniti 1874-1954), che è forse il meno catalogabile come jazz in programma. Si tratta dello scherzo per orchestra da camera del 1906 “Over the pavements”, in cui Ives descrive ciò che ascoltava nelle pause del suo lavoro quando si affacciava alla finestra; «rumori di strada, ritmi dei passi della gente, delle auto, sovrapposti e intrecciati, musichette popolari, jazz, e quant’altro». E’ musica sperimentale, «inaudita, considerando che siamo nel 1906, facendo un paragone con ciò che si creava in Europa», spiega Mario Ancillotti.
Poi verrà proposta la musica del balletto ‘La création du monde’ (1922-1923) del compositore francese Darius Milhaud (1892-1974): «una partitura che alterna momenti di intensa espressività a trascinanti accensioni in cui riaffiorano tutti gli stilemi jazzistici: lo struggimento del sassofono, echi di blues, impulsi ritmici incontenibili, stridore di clarinetti, pulsazioni di pianoforte e percussioni». Seguirà la ‘Jazz Suite n° 1’ (1934) di Dmitri Shostakovich, «preoccupato che questa nuova forma musicale contaminasse in modo negativo le musiche popolari autoctone senza che l’ambiente ne avesse acquisito una reale cultura».
Sarà eseguito anche un brano di Charles Ives (Stati Uniti 1874-1954), che è forse il meno catalogabile come jazz in programma. Si tratta dello scherzo per orchestra da camera del 1906 “Over the pavements”, in cui Ives descrive ciò che ascoltava nelle pause del suo lavoro quando si affacciava alla finestra; «rumori di strada, ritmi dei passi della gente, delle auto, sovrapposti e intrecciati, musichette popolari, jazz, e quant’altro». E’ musica sperimentale, «inaudita, considerando che siamo nel 1906, facendo un paragone con ciò che si creava in Europa», spiega Mario Ancillotti.
Poi verrà proposta la musica del balletto ‘La création du monde’ (1922-1923) del compositore francese Darius Milhaud (1892-1974): «una partitura che alterna momenti di intensa espressività a trascinanti accensioni in cui riaffiorano tutti gli stilemi jazzistici: lo struggimento del sassofono, echi di blues, impulsi ritmici incontenibili, stridore di clarinetti, pulsazioni di pianoforte e percussioni». Seguirà la ‘Jazz Suite n° 1’ (1934) di Dmitri Shostakovich, «preoccupato che questa nuova forma musicale contaminasse in modo negativo le musiche popolari autoctone senza che l’ambiente ne avesse acquisito una reale cultura».
Biglietto intero 12 euro, ridotto 8 euro. Chi ha la card di Rete Toscana Classica ha diritto alla riduzione.
Redazione